San Gaudenzo, Lambiasi striglia i politici: Rimini va a rotoli, è l'ora del dialogo
“Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in serio pericolo la propria salvezza eterna” (GS 43). Attacca così il discorso alle autorità della città del vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, in occasione della ricorrenza del patrono Gaudenzo. E poi aggiunge: “Nella vita religiosa della comunità cristiana si ritrova ancora intatto ciò che altrove è andato perduto”. Si dichiara mosso da uno “spirito di sincero, cordiale interessamento alle sorti della nostra Città” e poi inizia ad elencare, punto per punto i nodi che le autorità hanno il potere di sciogliere.
L’economia non va. “Il turismo, la nostra valvola di sicurezza, non tira. Molti alberghi hanno lavorato con prezzi stracciati, col rischio di cattivo servizio, di lavoro nero, di evasione fiscale. Mare, spiaggia, lungomare, tutto appare vecchio e ormai superato da altre località in Italia e all’estero”.
I numeri della crisi a Rimini, dai registri della Caritas. “In soli 9 mesi sono state incontrate 2.138 persone, mentre nell'intero periodo del 2009, quando da noi la crisi non era ancora esplosa, ne erano state incontrate 1.953. Sono 33.263 i pasti serviti in mensa nei primi 9 mesi dei quest'anno, a fronte dei 30.752 del 2011. In forte crescita la presenza degli italiani, passati dal 26,3% del 2011 al 29% nel periodo gennaio-settembre 2012. La percentuale più elevata delle persone in stato di disagio economico è rappresentata dagli immigrati: sono il 69,7%, prevalgono rumeni (22%), marocchini (10%), ucraini ((%). Tra coloro che si trovano in povertà si ha un'alta percentuale di persone sole (62%): celibi, separati, divorziati. I problemi principali delle persone che si rivolgono alla Caritas sono il lavoro (1.819 persone) e la mancanza di casa (1.439), a fronte del 15% di case sfitte nella città di Rimini”.
Come uscire dalla crisi. “Da tutto questo è illusorio pensare di poter uscire solo con qualche accorgimento tecnico, con una migliore razionalizzazione di costi e servizi, col taglio degli sprechi e con maggiore efficienza amministrativa, politica ed economica”. Che significa in termini pratici “ripensare il welfare al di là della dicotomia pubblico-privato nella prospettiva sussidiaria del bene comune; riconoscere la centralità dell’impresa con la valorizzazione del lavoro, della educazione, della ricerca nel superamento della cultura della rendita; il riconoscere sotto ogni profilo la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna come soggetto di crescita sociale, economica ed umana; una visione poliarchica e sussidiaria delle forme istituzionali e dei rapporti sociali”.
Prima, però, c’è un passo culturale da compiere: l’alleanza. “E’ necessario superare la cultura della contrapposizione e del conflitto. Le istituzioni politiche, l’economia nelle sue articolazioni, la società civile organizzata devono pensarsi partners in una grande alleanza per il perseguimento del bene comune, cercando di superare contrapposizioni preconcette e rendite di posizione ormai non più sostenibili”. C’è bisogno di un cambio di mentalità, di una conversione “urgente”.
“Auspichiamo che tutti coloro che svolgono ruoli istituzionali e di responsabilità a qualsiasi livello, si gettino alle spalle pratiche inveterate di non dialogo, di ricerca estrema della visibilità anche a scapito del bene comune, di tendenza al litigio senza costrutto, di approssimazione e faziosità nei giudizi, di rincorsa al facile consenso, di indisponibilità ad un ascolto effettivo delle posizioni e delle istanze altrui”.
Una parola per la Banca Carim. “In questa vicenda, nella quale riconosciamo ed apprezziamo il ruolo e il lavoro svolto dalla Fondazione Carim, si è potuto giungere a capo della questione, grazie al corale e compatto sostegno fornito dalle istituzioni politiche, da parte del mondo imprenditoriale, dai piccoli azionisti, dimostrando che solo se si fa rete e ci si muove compatti, si è in grado di raggiungere risultati positivi e concreti”.
E un’altra per il Piano strategico. “Mi sento in dovere di riportare la voce dei laici cattolici, che dopo essersi impegnati nella fase di elaborazione, ora attendono - insieme a tutti coloro che hanno contribuito a progettarlo - che non si aspetti altro tempo perché venga messo in cantiere e si passi decisamente a concretarne la realizzazione, come anche recentemente ripetuto dall'amministrazione comunale.
La Provincia unica. “L’auspicio è che il mutamento non si traduca in impoverimento di servizi per le persone, che possano sempre contare invece su un tessuto di risposte efficaci e prossime. La sanità, la sicurezza, la tutela del territorio sono ricchezza per ogni cittadino di questa terra, e vanno salvaguardati. Senza scadere in un provincialismo, incapace di superare gli orizzonti più ristretti e gli egoismi territoriali, ci auguriamo che il cambiamento istituzionale sia capace di salvaguardare le risorse e le infrastrutture che nel servizio hanno dato prova di eccellenza e che potrebbero essere valorizzate, la prospettiva di un bene comune dai confini più ampi per una organizzazione che sappia porre sempre al centro l’uomo”.